Intelligenza artificiale

Del Cavallo di Troia. Come la gente è condizionata ad essere asservita alla macchina.

Premessa: il marketing inventa degli slogan che vengono ripetuti di continuo finché non diventano luoghi comuni e il pubblico li assume come “dato di fatto” senza domandarsi come, quando, dove e perché.

La espressione “intelligenza artificiale” è impropria perché viene associata a programmi che semplicemente applicano dei criteri di selezione ad una certa massa di dati. In altre parole, la macchina non pensa, non si tratta di una coscienza, quindi di una vera “intelligenza”, invece fa quello che fanno tipicamente le macchine, cioè ripete molto velocemente un certo numero di azioni predeterminate. Il vantaggio rispetto all’essere umano non è nella “qualità” ma nella “quantità”, ovvero nel numero di azioni che la macchina esegue in un dato intervallo di tempo, una “quantità” virtualmente illimitata, perché basta costruire una macchina più potente per incrementarne le velocità di esecuzione, mentre l’essere umano si evolve con tempi geologici, quindi ai nostri occhi è fermo. Viceversa, siccome le azioni della macchina sono necessariamente predeterminate da chi ha progettato la macchina, la “qualità” di quello che la macchina può produrre non può essere niente di nuovo, la macchina non può inventare, anzi, può riprodurre sempre e solo una piccola sezione del pensiero umano, la sezione compresa nel progetto, quello che i progettisti conoscevano perché sono riusciti a razionalizzare e formalizzare.

Leggo che Microsoft incoraggia i propri clienti ad installare una “intelligenza artificiale” dentro Windows. Si tratta della ennesima iterazione del concetto dello “assistente”, che il marketing contemporaneo ha ribattezzato “copilota”. L’idea sarebbe di automatizzare certe operazioni di selezione ed elaborazione dei dati, per esempio chiedendo al “copilota” di definire un programma delle cose da fare durante una vacanza.

Il Cavallo d Troia. Le grandi aziende come Microsoft, Google e compagnia vogliono due cose. Vogliono che le persone gli forniscano quante più informazioni possibile sulle loro vite. Sulla base di queste informazioni vogliono quindi proporre alle persone delle abitudini, cioè l’insieme di idee e di comportamenti, che si traducano in profitto per gli “inserzionisti”. Li chiamo “inserzionisti” perché si tratta di una evoluzione del marketing. Non parliamo soltanto di pubblicità mirata, per cui Google mi propone un annuncio pubblicitario perché il suo programma sa quali sono i miei gusti ed abitudini, parliamo invece della possibilità di modificare la mia percezione della realtà filtrando le informazioni che io ricevo dai dispositivi collegati, la possibilità di “educarmi” in modo che io pensi e quindi agisca in un modo o nell’altro. Se vogliamo è un po’ la vecchia idea di sottoporre le persone che entrano in un supermercato a certi stimoli sensoriali in modo che gli venga voglia di acquistare. Moltiplicato dalla possibilità di sovraimporre la “realtà aumentata” alla “realtà minore o diminuita” per via del fatto che le persone vivono costantemente collegate ai loro dispositivi elettronici e sono incoraggiate a guardare il mondo attraverso questi dispositivi. Quando non sono i “Google glasses”, cioè degli occhiali che ti proiettano la “realtà aumentata” direttamente dentro l’occhio mentre vai in giro, lavori, eccetera.

Una delle caratteristiche ovvie del mondo contemporaneo è la imposizione di un modello per cui le persone non diventano mai “adulte” ma vivono in una perenne adolescenza. Una adolescenza semplificata, stupidificata, perché l’individuo deve sapere solo quel tanto che basta perché possa lavorare e tramite il lavoro avere la capacità di spesa che lo renda consumatore. Consumatore compulsivo, perché in quanto adolescente deve essere dominato da pulsioni incontrollate. Non deve pensare, non deve avere nessuna autonomia. Deve eseguire le direttive tramite un meccanismo stimolo-reazione. Doppia dipendenza dalla macchina e da chi progetta e controlla la macchina, perché le persone per lavoro accudiscono le macchine, quindi ne dipendono per il reddito e nello stesso tempo le persone guardano il mondo attraverso le macchine, quindi ne dipendono per l’educazione e per la soddisfazione dei bisogni.

L’inganno più terribile. Le macchine che avrebbero dovuto facilitare la vita delle persone e consentire a tutti di esprimere il proprio potenziale vengono invece usate per storpiare le coscienze e fabbricare schiavi entusiasti ed inconsapevoli. Schiavi che non solo sono diseducati in modo che non abbiano le informazioni e la capacità di elaborare informazioni, cioè degli idioti nel senso etimologico del termine ma che siano intimamente convinti che non esista nessuna alternativa alla totale adesione e dipendenza dalle routine imposte.

In questo contesto devo forse chiarire una cosa. Qui non parliamo soltanto di convincere la gente che non si vive senza acquistare un certo prodotto o senza assumere certe abitudini di svago. Parliamo invece di controllare l’intera percezione della realtà, cioè quello che le persone pensano essere la realtà e di controllare la morale, cioè quello che la gente assume come bello e brutto, giusto e sbagliato. Da cui discende qualsiasi cosa, nel bene e soprattutto nel male, se consideriamo che qualcuno decide dall’alto e l’intera umanità asservita, schiava della macchina, esegue. Esegue perché non può nemmeno immaginare altro.

6 pensieri riguardo “Intelligenza artificiale”

  1. Ritorno a questa pagina, in attesa del treno. Dunque si ripropone un vecchio schema: esiste una “religione” che agendo su psicologia, metafisica, cerca di ottenere dei vantaggi per la propria casta sacerdotale, influenzando i “fedeli”. Nella entropia generale le nuove religioni sono più scadenti e non affrontano la questione della morte, quindi pongono il focus solo sul tempo corrente.

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    1. Sembri associare alla parola “religione” una connotazione negativa. La “religione” è un modo per superare la domanda delle domande e cioè “quale è il senso della vita”. Dato che non troviamo una spiegazione razionale, tocca spostare il tutto oltre il reale, quindi nell’irrazionale. Diciamo che la “religione” è il prodotto dell’immaginario.

      Nei termini di questo post non c’è nessuna religione. E’ più come un allevamento di galline o di maiali. Le galline e i maiali non hanno idea di cosa ci sia fuori dal recinto, non hanno idea di niente altro che gli elementi interni all’allevamento e il ritmo meccanico a cui sono sottoposti.

      La “intelligenza artificiale” è uno slogan del marketing con sui si vende un ulteriore giro di vite riguardo la “meccanizzazione” delle nostre esistenze, capisci da te che una volta imposto a tutti il famoso “terminale di servizi”, per cui la gente scopa e caga con lo scemofono sempre in mano, l’altra parte della macchina è la “intelligenza” che comanda i terminali, succhia informazioni e sputa “realtà virtuale”.

      Poi alla gente si fa vedere il “drone” che esegue delle manovre per conto suo o l’automobile a guida autonoma. Questi sono solo hardware molto potenti con sopra software sofisticati collegati a certi sensori. Fanno tante cose sceme tutte insieme e cosi sembrano “intelligenti”. Il problema però è che nel mentre ci collegano tutti alla macchina e nessuno capisce di non avere più una coscienza propria e quindi non avere più una vita. Diventiamo noi stessi droni. Droni biologici o bio-meccanici, se includiamo le protesi. Lo scopo di un Musk che ti vuole impiantare il chip nel cervello non è farti diventare lo “ultrauomo” di Nietsche, è farti diventare un automa. Poi boh, mi sembra che non si sia bisogno di tot miliardi di persone, ne bastano molti meno.

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  2. Dipende dalla religione e dai modi dei suoi seguaci.

    Può anche essere soddisfacente che esistano dei costi per mantenerne i sacerdoti.

    Maiali, droni, greggi, etc.: direi che visto dall’esterno non ci sono molte differenze: un insieme di fedeli da orientare/guidare opportunamente. Colla discriminante in peggio che quelle attuali (se disturba possiamo usare il termine ideologie) non affrontano la questione “il senso della vita”.

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    1. Direi di no.
      La gente cerca le religioni e le cerca per risolvere in qualche modo il problema che ho detto.
      Ogni religione si deve solo preoccupare della concorrenza, non del fatto di creare “fedeli”, perché quelli ci sono in ogni caso, perché, come si dice, non si vive di solo pane.
      Le galline invece non cercano il pollaio, semplicemente non conoscono altro mondo.
      La gallina non immagina che possa esistere un altro mondo, non ha consapevolezza.
      In qualche maniera è il contrario del meccanismo che origina le religioni.

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