Ariston

Delle commedie globali

Allora, leggiamo sui giornali che la Federazione Russa ha “nazionalizzato” i beni della azienda Ariston che si trovano sul suo territorio.

Ben gli sta, ad Ariston, cosi impara a delocalizzare nel Terzo Mondo perché la manodopera costa meno e si ottiene qualsiasi permesso dalle “autorità” col sistema delle bustarelle. Tutto bello, tutto facile, fino a che il capoccia di turno si mette in testa di rovesciare il tavolo e si scopre che la “deregulation terzomondista” è un’arma a doppio taglio.

D’altra parte, torniamo alla litania dei “personaggi mediatici” come il signor Orsini e il signor Travaglio, circa i torti, le ragioni e soprattutto la vittoria e la sconfitta. Quale guerra voleva muovere lo “Occidente” alla “Russia” (che, lo ripeto, è una figura retorica) quando non preparava scorte di armi e munizioni, muoveva le proprie aziende in “Russia” e diventava cliente delle forniture “russe” di minerali e combustibili?

Come diceva Putin in persona, le “sanzioni” ovviamente danneggiano prima la economia “occidentale” di quella “russa” e sono concepibili solo per l’enorme sproporzione tra le due economie, quindi quella occidentale può incassare meglio le perdite.

A chiunque non sia scemo o pazzo appare ovvio che la “guerra” non l’ha voluta lo “Occidente”, che non ha niente da guadagnare. Viceversa, muove proprio dalla idea che lo “Occidente” sia debole e ricattabile per via del danno economico che gli si impone e per la poca propensione a tollerare fastidi di una popolazione complessivamente abituata al lusso e al privilegio, contro la popolazione “russa” avvezza all’idea che la vita sia solo dolore e sofferenza.

Allo stesso modo, è anche evidente che non ci sono fabbriche “russe” in Italia o in Europa, Putin può espropriare le aziende italiane o europee sapendo che il peggio che gli può capitare è che le stesse aziende rinuncino a vendere i propri prodotti in “Russia” o a comprare materie prime dalla “Russia”, vedi alla voce “sanzioni”. Insomma, cornuti e mazziati. Si, ci sono i conti bancari, azioni, eccetera, tanto degli “oligarchi” che dello Stato, collocati nel sistema finanziario “occidentale” ma Putin sa bene che magari glieli bloccheranno per un po’ ma difficilmente saranno espropriati, perché in “Occidente” non c’è una entità che se li può intestare e perché una mossa del genere farebbe pensare a tutti gli altri “autocrati” ed “oligarchi” sparsi per il mondo che i loro capitali all’estero potrebbero fare la stessa fine in ogni momento, con tutte le conseguenze.

Putin ha tante altri assi nella manica, per esempio potrebbe trattare separatamente con ogni Paese “occidentale”, promettendo ad uno di salvaguardare le sue aziende e i suoi interessi in “Russia” contro quelli di un altro Paese. Come dimostra il caso ungherese e certi scemi e pazzi italiani, non è inconcepibile che la Germania decida di trovare un accordo con Putin, meglio se sottobanco, contro le dichiarazioni di principio della UE nel suo insieme e magari contro gli interessi di, che ne so, Francia o Italia, meglio se in ambiti in cui sono concorrenti. Alla fine è sempre il vecchio “divide et impera”.

Ieri passavo sotto un megamanifesto elettorale di Salvini, poverino sta cadendo in vite, che sotto il suo faccione sorridente recitava “a difesa delle case e delle auto degli Italiani”. Più avanti ce n’era un altro uguale con scritto “più Italia e meno Europa”. Appunto, i due elementi su cui farà leva Putin, l’eventuale danno economico generale che si trasferirà nel danno economico per ognuno nelle piccole cose quotidiane e l’idea che si possa anzi si debba giocare sui diversi tavoli per salvaguardare lo “interesse nazionale” a dispetto di considerazioni “geopolitiche”. Una cosa che non viene considerata in questo ragionamento è che, ancora, è un’arma a doppio taglio. Andiamo per conto nostro per le faccende in cui ci conviene poi però ci troviamo per conto nostro in tutte le faccende, anche quelle dove non ci conviene.

Questa vicenda mi porta a considerare con sorpresa il fatto che continuo a sopra-stimare la gente, tutta. Nel nostro caso tanto gli Italiani che i “Russi”. Soprattutto i “Russi”. Per me è inconcepibile che davanti ad un futuro incerto e alla consapevolezza del fallimento, vogliano tornare indietro ad una “età dell’oro” indefinita che collocano tra l’Impero Zarista e l’Unione Sovietica. Alla fine è lo stesso meccanismo per cui nei “Paesi Islamici” si fantastica di ritorno ad antichi califfati e ortodossie religiose. Oltre all’ignoranza, una idea del genere necessariamente si basa su qualche distorsione della coscienza.

Sciocchezzuola aggiuntiva: tutti i chip del mondo vengono da aziende con sede a Taiwan e stabilimenti in Cina. Immaginiamoci le modalità e le conseguenze di una situazione simile a quella “russa” che però ci veda in conflitto con la Cina. Ariston non so cosa fabbrichi in “Russia”, diciamo lavatrici. Adesso immaginiamoci che all’improvviso manchino tutti i chip per tutta l’elettronica che adoperiamo, dal computer al telefono passando per la chiave elettronica che apre il baule del motorino e tutti gli impianti industriali e gli ospedali, treni, aerei, eccetera.

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